Il parcheggio come spazio pubblico è il tema
portante di questa esperienza progettuale: un edificio-parcheggio a più livelli con annessi spazi urbani qualificati, concepito non come un non-luogo, un luogo di transito, passivo, privo di una propria identità dove non si determinano vere relazioni individuali, ma come luogo culturale, di integrazione, di socializzazione, di riqualificazione dello spazio urbano.
Un contesto ipotetico, immaginario configura lo scenario ideale all’interno del quale trova collocazione l’oggetto del progetto. Protagoniste sono le forme geometriche semplici come il quadrato e il rettangolo che costituiscono gli archetipi da cui gli architetti moderni partivano per realizzare forme facilmente standardizzabili e riproducibili in serie.
L’edificio principale adibito a parcheggio pubblico dalla forma cubica è concepito come un contenitore, una sorta di scatola bianca sospesa in parte su pilotis, rievocazione dei pilotis lecorbusieriani, che generano una zona d’ombra e definiscono sotto l’edificio uno spazio comune, un luogo d’incontro, di passaggio, di riunione, identificato dalla presenza di un bar a forma di boomerang che funge da filtro-ingresso pedonale al parcheggio. Le aperture orizzontali caratterizzano i prospetti dell’edificio realizzato in cemento armato intonacato di bianco, conferendo un senso di quiete alla facciata stessa.
Il progetto individua come spazio urbano qualificato una galleria d’arte, quale momento aggiunto, di relazione sociale aggregante in tale spazio pubblico.
La galleria espositiva, dalla forma simile ad una saetta, si snoda per tutta la lunghezza del parcheggio al quale è collegata attraverso un sistema di percorsi aerei pedonali e scaturisce da un blocco rettangolare contenente aule per il disegno e aule multimediali concepito come una macchina, un laboratorio artistico per la produzione di fumetti, animazione attraverso il disegno a mano libera sulla carta, animazione al computer.
La copertura aggettante conferisce un senso di orizzontalità all’insieme.
Setti dalle dimensioni e forme diverse diventano degli oggetti scultorei a sostegno della galleria che appare come sospesa al di sopra del sottile canale d’acqua che la separa dal volume del parcheggio.
Le rampe che di accesso sembrano spiccare, scaturire direttamente dal terreno.
Il pieno lascia il posto al vuoto, alla trasparenza, alla leggerezza: la parete si riduce ad una sottile vetrata che percorre la galleria per tutta la sua lunghezza e che oltre a rispondere ad esigenze strettamente funzionali come garantire una buona illuminazione, diventa anche motivo decorativo.
La luce, l’acqua, la pietra diventano i protagonisti di questo paesaggio utopico, quasi onirico, realizzato interiorizzando il dato naturale in forma astratta e riducendo la natura alla dimensione di frammenti introiettati nello spazio.
Il giardino di pietra conferisce allo spazio un senso di spiritualità che rimanda ai giardini giapponesi e da vita ad una realtà nata dal sogno, dall’immaginazione.
Il canale d’acqua cattura i colori del cielo; increspato dalla pioggia e dal vento diventa misura dello scorrere del tempo.
La luce filtra nel cuore del parcheggio attraverso le aperture dei prospetti e della copertura creando particolari effetti chiaroscurali e all’interno della galleria, attraverso la grande vetrata.
Il riferimento all’architettura mediterranea è tangibile in questo ricorso agli elementi naturali parzializzati nelle loro presenza.